Stabilità sembra sia la parola d’ordine per l’inflazione sia italiana che europea, a giudicare dagli ultimi dati del mese di settembre. Un andamento che, a seconda delle interpretazioni, può rappresentare un segnale positivo per i mercati.
Inflazione sotto il 2% per il Q4 2025: l’analisi di Pizzoli (ING)
Un’inflazione stabile all’1,6%, ma con la possibilità che rimanga sotto al 2% per il 4° trimestre dell’anno. A dirlo è Paolo Pizzoli, Senior Economist di ING, commentando i dati di settembre.
Secondo l’economista, “con tutti i fattori trainanti destinati a rimanere sostanzialmente invariati, prevediamo che l’inflazione in Italia continuerà a muoversi all’interno di una fascia ristretta inferiore al 2% nel quarto trimestre e confermiamo la nostra previsione di un’inflazione media dell’1,7% per il 2025“.
Ma quali sono i fattori dietro questa stabilità? Secondo Pizzoli, la stabilità dell’inflazione sembra essere il risultato di un’economia stagnante, di un euro relativamente forte e della decisione dell’UE di non imporre dazi di ritorsione agli Stati Uniti.
Tutti fattori che “sembrano destinati a rimanere in vigore, almeno nel breve termine” dato che non si vede un’imminente accelerazione sostanziale dell’attività economica.
A sua volta, secondo Pizzoli, data la situazione incerta, sembra improbabile un’imminente accelerazione dei consumi privati che induca un’inflazione da eccesso di domanda.
“Anche le intenzioni di prezzo emerse dalle indagini sulle imprese segnalano un approccio prudente in materia di prezzi nei prossimi mesi, senza deviazioni rilevanti dalle attuali politiche in nessuna direzione“.
Inflazione UE al 2,2% a settembre: niente tagli ai tassi di interesse?
Sul fronte europeo, i dati di settembre hanno confermato le attese di mercato: l’inflazione sale al 2,2% dal 2% di agosto, e principalmente a causa del minore calo dei prezzi dell’energia (-0,4% rispetto al -2% di agosto).
Un dato che lascia intuire una possibile sospensione di ulteriori rialzi dei tassi da parte della BCE. Gli operatori di mercato non prevedono infatti tagli entro quest’anno e stimano al 35% la probabilità di un intervento sul tasso l’anno prossimo.
Tuttavia, secondo Capital Economics, la BCE potrebbe ancora ridurre i tassi, considerando che “l’inflazione scenderà all’1,5% entro dicembre e rimarrà al di sotto del target l’anno prossimo”.
A prescindere dalle previsioni, la presidente della BCE, Christine Lagarde, intervenuta ieri a Helsinki, ha sottolineato che i rischi sull’inflazione nell’Eurozona restano “piuttosto contenuti”, sia al ribasso sia al rialzo.
Lagarde ha mostrato prudenza riguardo a eventuali tagli, ribadendo che la BCE “non si può impegnare a un percorso predeterminato sui tassi”. Ogni opzione resta aperta, soprattutto in un contesto di elevata incertezza.
Per quanto riguarda le valutazioni interne, la BCE ha analizzato i rischi di inflazione considerando scenari alternativi, come l’ingresso sul mercato di prodotti cinesi a basso costo o un maggiore impatto dei colli di bottiglia nella produzione.
In ogni caso, secondo le stime, il carovita si muoverebbe poco nel medio termine, con variazioni comprese tra lo 0,1% e lo 0,2%, rimanendo dunque stabile.
Stabilità per l’inflazione e per i possessori di certificate
In questo scenario di inflazione stabile e crescita moderata dei prezzi, i possessori di certificate potrebbero beneficiare di rendimenti più prevedibili e di un rischio ridotto di sorprese sui valori di riferimento.
Tra l’altro, la mancanza di shock economici improvvisi e la prudenza della BCE nella gestione dei tassi contribuiscono a un scenario più stabile per gli strumenti legati all’inflazione, riducendo i rischi di variazioni improvvise nei guadagni o nelle perdite.
In altre parole, la combinazione di tassi controllati e inflazione contenuta offre un orizzonte più prevedibile per chi detiene certificate, favorendo una gestione più sicura dei portafogli.