Dopo il rally dell’oro, anche l’argento segna un momento storico, superando i 51 dollari l’oncia grazie a una serie di forti rialzi nell’ultimo anno.
Argento ai massimi dal 1980: i motivi del rally
Era dal 1980 che l’argento non raggiungeva livelli simili. Oggi, seguendo il trend dell’oro, il metallo bianco ha toccato il suo massimo storico: oltre 51 dollari l’oncia, circa il 75% in più rispetto al prezzo di inizio anno.
Una cifra comunque modesta se confrontata con la crescita del dollaro, passato dai 3.000 dollari l’oncia del periodo Covid agli attuali 4.000 dollari (e con la prospettiva, secondo Goldman Sachs, di sfiorare i 4.900 dollari nel 2026).
Il denominatore comune di questi due rally, comunque, è sempre lo stesso: investitori alla ricerca di rifugi sicuri, unita a una domanda industriale robusta e a persistenti deficit di offerta.
In dettaglio, quest’anno i trader hanno privilegiato asset hard come oro e argento come strumenti di protezione contro l’instabilità geopolitica e le incertezze economiche, tra cui le preoccupazioni per tariffe e inflazione, oltre ai timori legati all’indipendenza della Federal Reserve (FED) e all’onere del debito pubblico statunitense.
Ma a dare un’accelerata particolare all’argento, tuttavia, è stata l’ultima mossa di Trump nei confronti della Cina.
USA vs Cina: nuova minaccia di dazi
Venerdì, Trump ha minacciato di introdurre da novembre un dazio del 100% sui prodotti cinesi, motivando la mossa con le nuove restrizioni di Pechino sull’export di terre rare. Il giorno prima, giovedì 9 ottobre, il Ministero del Commercio cinese (MOFCOM) Ministero del Commercio cinese ha nuovamente aggiornato il regolamento sui controlli all’export, inasprendo le regole per le esportazioni di terre rare e delle tecnologie correlate. A seguito della minaccia di nuovi dazi, la Cina ha promesso ritorsioni nel caso in cui le tariffe venissero effettivamente applicate dal primo novembre.
In pratica, un nuovo scontro tra le due superpotenze, che ha portato i titoli azionari (in particolare quelli tecnologici e legati all’energia rinnovabile come Luxshare Precision, Eoptolink Technology…) a registrare forti ribassi, mentre gli spot sui metalli, tra cui l’argento, hanno subito aumenti significativi. L’argento, nello specifico, è salito di oltre il 2% lunedì 13 ottobre, superando appunto i 51 dollari l’oncia.
Va detto però che a contribuire al rialzo ci sono anche altri fattori, quali le aspettative di un taglio dei tassi di 25 punti base a ottobre (e di un ulteriore intervento a dicembre) da parte della FED, nonché la scarsità di argento fisico disponibile a Londra.
Nota particolare per il rame: alla notizia della minaccia di nuovi dazi, il metallo aveva perso oltre il 4%, per poi recuperare tutto e superare i 5 dollari la libbra, grazie alle parole concilianti di Trump, che su Truth ha dichiarato “le relazioni commerciali con la Cina andranno bene”, lasciando intendere un possibile incontro con Xi Jinping a breve.
Rialzi e volatilità: i nodi per i possessori di certificate
Il rialzo dell’argento rappresenta senza dubbio un vantaggio per gli investitori che detengono certificate legati al metallo, visto che la rivalutazione ne aumenta il valore e li rende più appetibili sul mercato secondario.
Tuttavia, come già visto con l’oro, rimane il nodo della volatilità. Le tensioni geopolitiche e le decisioni di Trump sulla Cina mostrano come il prezzo dell’argento possa infatti subire fluttuazioni rapide, e per chi detiene certificate a leva, gli effetti possono essere amplificati.
Allo stesso tempo, la scarsità di argento fisico e la domanda industriale crescente rafforzano le prospettive di ulteriori rialzi, il che rende questo scenario particolarmente rilevante per chi punta a proteggersi dall’inflazione o a diversificare gli investimenti in metalli preziosi.