Dazi USA al 30%: Confindustria lancia l’allarme crescita, Pil Italia a rischio -0,8%
L’inasprimento dei dazi statunitensi dal 10 al 30 per cento sui prodotti europei potrebbe costare all’economia italiana fino a 7,5 miliardi di euro di valore aggiunto, con un impatto sul Pil stimato in -0,8 per cento nel prossimo biennio. È l’allarme contenuto nell’ultimo report del Centro Studi Confindustria, che riaccende i timori per la già fragile ripresa post-pandemica e per un export tricolore chiamato a fronteggiare contemporaneamente rincari energetici, strozzature logistiche e la stretta monetaria della Bce.
Gli scenari di impatto sull’economia italiana
Secondo gli analisti di Confindustria, lo scenario tariffario disegnato da Washington investirebbe un paniere di beni italiani del valore di circa 20 miliardi di euro annui. Le simulazioni ipotizzano tre canali di trasmissione: calo diretto delle vendite negli Stati Uniti, riduzione degli ordini interni legati alle catene globali del valore e contrazione degli investimenti delle imprese esportatrici. Il combinato disposto potrebbe tradursi in una perdita di 100 mila posti di lavoro, concentrati soprattutto nel Nord produttivo.
I settori più esposti: dal manifatturiero al lusso
Ad accusare il colpo sarebbe in primo luogo la meccanica strumentale, che da sola vale circa il 25 per cento dell’export italiano Oltreoceano. Nella moda, Brunello Cucinelli e Moncler – reduci da trimestrali record negli USA – rischiano di vedere contrarsi i margini fino a due punti percentuali. Sotto pressione anche l’agroalimentare: l’aumento dei dazi sul Parmigiano Reggiano potrebbe superare i 6 dollari al chilo, mentre per il vino l’incidenza arriverebbe a 1,5 euro a bottiglia, con effetti immediati su gruppi come Campari e Italian Wine Brands. Più complesso lo scenario per l’automotive, dove Stellantis ha appena confermato investimenti per 155 milioni di dollari nello stabilimento di Kokomo (Indiana): il gruppo potrebbero riconsiderare il sourcing di componentistica high-tech se i costi doganali dovessero esplodere.
Le reazioni dei mercati e delle aziende
Sui listini, l’indice FTSE Italia All-Share Export, che raggruppa i titoli più esposti al commercio internazionale, ha perso oltre il 4 per cento nelle ultime cinque sedute, mentre lo spread Btp-Bund è tornato sopra 200 punti base. Leonardo, coinvolta contemporaneamente nel dossier Boeing-Airbus e nel riarmo europeo, ha revocato la guidance 2024 in attesa di maggiore visibilità normativa. Intanto a Bruxelles la Commissione Europea studia contromisure tariffarie e un potenziamento del Fondo di garanzia per l’export.
Conclusioni: la strategia necessaria per tutelare la crescita
Il monito di Confindustria giunge in un momento cruciale: il Governo è chiamato a negoziare con l’amministrazione statunitense un’esenzione stabile o, quantomeno, una riduzione selettiva delle barriere doganali. Parallelamente, serve accelerare la diversificazione dei mercati di sbocco, puntando su Asia-Pacifico e Medio Oriente, e rafforzare gli strumenti di sostegno alle Pmi esportatrici, a partire dal refacing del Fondo 394/81 gestito da Simest. Senza un coordinamento europeo e nazionale, l’aumento dei dazi USA rischia di trasformarsi da minaccia congiunturale a freno strutturale per la crescita italiana, vanificando i benefici del PNRR e ritardando il ritorno ai livelli di Pil pre-crisi.