Risiko bancario in Italia: il rovescio della medaglia delle aggregazioni e il rischio credit crunch per le imprese
La stagione delle fusioni tra istituti di credito, tornata d’attualità dopo le recenti acquisizione di Carige da parte di Bper e l’ingresso di Crédit Agricole nel capitale di Banco Bpm oltre a tutte le altre OPS in corso, promette maggiore solidità patrimoniale al sistema, ma accende un campanello d’allarme sul possibile credit crunch che potrebbe colpire soprattutto le piccole e medie imprese italiane. Il timore, evidenziato in un recente articolo di Adnkronos, è che il restringimento dell’offerta bancaria riduca la concorrenza e irrigidisca i criteri di concessione dei prestiti in un contesto di tassi Bce in rapida salita.
Fusioni in corso e scenario competitivo
Il risiko bancario registra movimenti su più fronti. UniCredit, fresca di utili record nel terzo trimestre, continua a studiare dossier di crescita per vie esterne, mentre Intesa Sanpaolo, al centro di indiscrezioni su possibili cessioni di sportelli, consolida la leadership grazie al nuovo piano digitale e green. Bper, dopo l’incorporazione di Carige e l’OPS in corso siu Popolare di Sondrio. Alla finestra MPS e Mediobanca, attori di un’offerta pubblica di scambio a catena volta al controllo dell’istituto di Piazzetta Cuccia. In questo quadro, gli analisti di Equita stimano che a fine 2025 il mercato italiano potrebbe contare su cinque o sei gruppi di rilevanza sistemica, contro gli attuali dieci.
Effetti sui finanziamenti alle PMI
La concentrazione rischia però di tradursi in una contrazione del credito. Secondo l’ultimo Bollettino statistico della Banca d’Italia, a settembre il flusso di nuovi prestiti alle imprese è diminuito del 5,2 % su base annua, mentre il tasso medio applicato ha superato il 4 %, livello triplo rispetto all’anno scorso. Le PMI, prive di canali alternativi e con fabbisogni di liquidità accresciuti dall’inflazione energetica, risultano le più esposte: per loro il costo del denaro incide direttamente sulla capacità d’investire in transizione digitale e sostenibilità.
Tassi in rialzo e nuove regole Bce
L’inasprimento dei requisiti prudenziali imposto da Francoforte – dall’addendum sui crediti deteriorati al Green Asset Ratio – spinge le banche a una maggiore selettività del rischio. A ciò si somma la normalizzazione del Tltro, che riduce la liquidità a basso costo. Il risultato è un irrigidimento dei covenant e una preferenza per controparti corporate di maggiori dimensioni o con rating investment grade.
Possibili contromisure e ruolo delle fintech
Per attenuare l’effetto credit crunch, l’Abi sollecita un rafforzamento delle garanzie pubbliche offerte dal Fondo di garanzia per le PMI, mentre Confindustria chiede la piena operatività del nuovo fondo per il venture debt previsto nel Pnrr. In parallelo le piattaforme fintech, dai minibond digitali ai marketplace di invoice trading, stanno intercettando la domanda di credito a breve termine, crescendo a doppia cifra secondo l’Osservatorio PoliMi.
Conclusioni
Le aggregazioni bancarie possono migliorare efficienza e resilienza, ma senza strumenti di mitigazione rischiano di comprimere l’ossigeno finanziario delle imprese, proprio nel momento in cui il Paese deve accelerare gli investimenti sul doppio binario digitale–green. Per evitare che il risiko si traduca in credit crunch, serve un quadro regolatorio che favorisca la concorrenza, incentivi i capitali privati e valorizzi l’ecosistema fintech, garantendo alle PMI un accesso al credito stabile, diversificato e sostenibile.