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Investismart > News > Economia > Inflazione Eurozona 2025, Eurostat certifica il dato di settembre al 2,2%
Economia

Inflazione Eurozona 2025, Eurostat certifica il dato di settembre al 2,2%

Confermati dall'Eurostat i dati preliminari di inizio settembre 2025 sull'inflazione nell'Eurozona, essenziali per la prossima riunione del consiglio direttivo della BCE.

Last updated: 20/10/2025 5:00 pm
Niccolò Mencucci
Published: 20/10/2025
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L’inflazione nell’Eurozona rimane anche nel mese di settembre entro il range del 2%. L’Ufficio statistico europeo (Eurostat) ha infatti certificato il dato provvisorio di inizio settembre: 2,2%. Pur segnalando un incremento sensibile rispetto al mese precedente.

Inflazione Eurozona: i dati di settembre 2025

Confermata in rialzo l’inflazione dell’Eurozona nel mese di settembre 2025. Secondo l’Ufficio statistico, i prezzi al consumo registrano un +2,2% su base tendenziale, in linea con la stima preliminare, rispetto al +2% rilevato nel mese precedente. Su base mensile, la crescita è dello 0,1%, certificando la prima lettura e replicando al tempo stesso la variazione del mese prima.

Per quanto riguarda l’inflazione core (depurata dalle componenti più volatili quali cibi freschi, energia, alcool e tabacco), il dato è stato invece rivisto al rialzo al 2,4% su base annua, rispetto al 2,3% della stima preliminare e del mese precedente. La variazione mensile è pari a +0,1%, uguale alla stima iniziale ma in calo rispetto al +0,3% del mese prima.

A sua volta, l’inflazione armonizzata della Zona Euro segna un +2,4% tendenziale, in linea con la stima preliminare e dopo il +2,3% del mese precedente. La variazione mensile rimane invece a +0,1%, rispetto al +0,3% precedente.

Nessuna differenza significativa a livello di Stati membri, a parte alcuni aumenti registrati in Germania (2,4%, +0,3 punti rispetto ad agosto), Francia (1,1%, +0,3), Italia (1,8%, +0,2) e Spagna (3%, +0,3).

Inflazione Eurozona 2025 stabile per nuovi tagli BCE?

Con il dato definitivo dell’Eurostat, viene dunque confermata la crescita effettiva dell’inflazione, considerando che fino a maggio l’indice era tornato sotto la soglia del 2%, attestandosi all’1,9%, dopo mesi di oscillazioni tra il 2% e il 2,5%.

Una situazione che, seppur altalenante, è decisamente più contenuta rispetto agli anni precedenti, quando l’inflazione superava ampiamente il livello “ideale” del 2%, arrivando a picchi straordinari come il 10,6% di ottobre 2022, quest’ultimo dovuto dalle prime conseguenze del conflitto russo-ucraino.

Per ridurre l’inflazione, la Banca Centrale Europea ha provveduto fin da allora ad aumentare i tassi di interesse in maniera pesante, portandoli fino al 4,5% a settembre 2023. Solo con il calo e l’assestamento dell’inflazione sotto il 3% la BCE ha poi iniziato a tagliarli, con il primo taglio a giugno 2024 che li ha portati al 4,25%. Fino ad arrivare ad oggi con il tasso fermo al 2,15% da giugno di quest’anno.

Si spera in ulteriori riduzioni nei prossimi mesi, anche se non sarà facile: a differenza della FED, ormai pronta a un nuovo taglio a fine ottobre nonostante lo shutdown e le tensioni commerciali tra USA e Cina, la BCE continua a privilegiare la linea della prudenza. La stessa Presidente della BCE, Christine Lagarde, ha sottolineato in un’intervista che con l’attuale tasso, la Banca Centrale si trova “in una buona posizione per aspettare e verificare gli sviluppi economici”.

Rischio tassi invariati per i possessori di certificate

Per saperne di più sul futuro della politica dei tagli ai tassi toccherà attendere l’analisi della Banca Centrale Europea, il cui consiglio direttivo si riunirà a fine mese (30 ottobre) per prendere nuove decisioni di politica monetaria. Considerando il recente rialzo dell’inflazione, appare improbabile che la BCE possa procedere a un nuovo taglio dei tassi così presto.

Il che potrebbe non essere una bella notizia per i possessori di certificate: se da una parte i prodotti a tasso fisso continueranno a offrire rendimenti stabili, dall’altra quelli a tasso variabile, collegati all’Euribor o al tasso BCE, non beneficeranno di un aumento dei guadagni.

Va detto che la linea della prudenza ha comunque i suoi vantaggi: assicura una maggiore stabilità dei mercati finanziari nel breve periodo, inoltre limita il rischio di forti oscillazioni e contribuisce a proteggere i portafogli sia degli investitori retail sia di quelli istituzionali.

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