Nuovo record per l’oro spot, che sfonda la soglia dei 4.000 dollari l’oncia. Il metallo giallo è ormai al centro di una corsa che non accenna a fermarsi: gli investitori continuano a comprare oro in massa, attratti dalla sua reputazione di bene rifugio per eccellenza in periodi di forte instabilità economica e tensioni geopolitiche come quelli odierni.
Continua la corsa dell’oro
Per il metallo dorato si tratta del quarto storico sfondamento di quota “mille”. Dopo aver superato i 1.000 dollari durante la crisi finanziaria globale, i 2.000 dollari nel pieno della pandemia di Covid e i 3.000 dollari quando i dazi commerciali dell’amministrazione Trump scossero i mercati globali nel marzo scorso, l’oro segna ora un nuovo traguardo simbolico.
Più nello specifico, oggi mercoledì 8 ottobre il prezzo dell’oro spot ha raggiunto i 4.049,62 dollari l’oncia, mentre i futures sull’oro segnano un rialzo dell’1,47%, attestandosi a 4.063,12 dollari l’oncia.
Un traguardo impressionante, che però conferma una crescita ormai inarrestabile da anni. Solo nel 2025 il prezzo è aumentato del 51%, con un’impennata di 300 dollari nel solo mese di settembre. Un guadagno che si aggiunge al +27% registrato nel 2024 e al +13% del 2023.
E il futuro non sarà così diverso, secondo la Goldman Sachs. La banca d’affari statunitense ha infatti rivisto al rialzo la previsione del prezzo dell’oro a dicembre 2026, portandola a 4.900 dollari l’oncia, rispetto ai 4.300 dollari stimati in precedenza.
I fattori dietro il rally del metallo giallo
Dietro questo nuovo record non ci sono solo i conflitti odierni (Ucraina-Russia, Gaza-Israele…) ma anche le tensioni politiche interne negli Stati Uniti e in Francia.
Negli USA, il blocco delle attività governative e l’assenza di dati economici aggiornati dalla Federal Reserve (FED) stanno lasciando gli investitori in una posizione di incertezza. E il lingotto prospera durante periodi del genere. A ciò si aggiungono le politiche aggressive del Presidente Donald Trump: i dazi commerciali, le sue mosse sul piano internazionale e le sue pressioni sulla FED hanno infatti giocato un ruolo importante nel rally dell’oro.
Ma non solo. Oltre alle mosse di Trump, pure “i forti acquisti delle banche centrali, i continui afflussi di ETF e le aspettative di un ulteriore taglio dei tassi della Fed hanno alimentato il rally“, dice Warren Patterson, responsabile della strategia sulle materie prime di ING.
A contribuire alla situazione anche le dimissioni di Sébastien Lecornu da primo ministro francese e la quasi certa nomina di Sanae Takaichi come prossimo primo ministro giapponese. Secondo Nicky Shiels, strategist di Mks Papm: “i cambiamenti politici in Francia e in Giappone stanno aumentando le preoccupazioni fiscali e contribuendo al rally dell’oro. Un mix di afflussi retail, soprattutto in Europa e in Giappone, e istituzionali ha guidato infatti l’ultimo aumento“.
Oro come bene rifugio anche per i possessori di certificate?
La tendenza è chiara: molti grandi investitori vedono l’oro come bene rifugio da valutare quanto prima. Tra questi c’è Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, che suggerisce di destinare fino al 15% dei propri portafogli all’oro, considerandolo un valido diversificatore, capace di resistere anche alle turbolenze più violente dei mercati.
A parte ciò, c’è da dire che per i possessori di certificate la situazione potrebbe essere leggermente diversa. L’aumento del prezzo spot si traduce effettivamente in un immediato beneficio per i prodotti che traggono vantaggio diretto dalla crescita del metallo. Tuttavia, la volatilità crescente impone cautela: eventuali correzioni di breve periodo potrebbero incidere pesantemente sui rendimenti.
In prospettiva, è bene che gli investitori monitorino attentamente le prossime mosse delle banche centrali e della Federal Reserve, che potrebbero influire sia sull’acquisto del metallo che sul mercato in generale.