Guerra Israele Iran e petrolio alle stelle gli effetti sui mercati globali
L’escalation militare tra Gerusalemme e Teheran continua a innescare ondate di volatilità sui mercati, con il Brent tornato sopra 92 dollari al barile e il WTI a ridosso di 88. Il rischio di un conflitto regionale che coinvolga lo Stretto di Hormuz, snodo da cui transita il 20 per cento del greggio mondiale, riporta in primo piano la sicurezza energetica e la traiettoria dell’inflazione globale.
Escalation bellica e shock energetico
La raffica di attacchi reciproci e la presenza navale iraniana nell’area strategica del Golfo Persico alimentano i timori di un blocco delle forniture. L’Agenzia Internazionale dell’Energia stima che un’interruzione di appena due milioni di barili al giorno spingerebbe il Brent oltre la soglia psicologica dei 100 dollari. In scia, Goldman Sachs ha alzato le proprie previsioni sui prezzi per fine anno, citando anche le riduzioni volontarie di produzione decise dall’OPEC Plus.
Reazioni delle aziende energetiche
In Borsa le major del comparto registrano progressi significativi. ExxonMobil e Chevron hanno toccato i massimi degli ultimi due anni, sostenute da solidi buyback e da margini di raffinazione in espansione. In Europa Eni si consolida sopra quota quindici euro dopo risultati trimestrali superiori alle attese, mentre Saipem annuncia nuovi contratti offshore in Medio Oriente, confermando la vivacità della domanda di servizi di perforazione nonostante l’incertezza geopolitica.
Settori penalizzati e asset rifugio
Il rincaro del carburante pesa invece su trasporti e turismo: Ryanair ha ridotto la guidance sui profitti, Lufthansa valuta coperture straordinarie sul jet fuel. Sul fronte valutario il dollaro si rafforza, l’oro sale oltre 1970 dollari l’oncia e il rendimento del Treasury decennale scende sotto il quattro per cento, segnale di flight to quality da parte degli operatori.
Prospettive macroeconomiche e politiche monetarie
Il caro energia potrebbe complicare il percorso disinflazionistico delineato da Fed e Banca Centrale Europea. Entrambe le istituzioni monitorano con attenzione il passaggio dei costi energetici sui prezzi al consumo, soprattutto nei Paesi importatori netti come Italia e Germania, dove l’effetto su famiglie e imprese si riflette già negli indici di fiducia.
Conclusioni analitiche
Se il conflitto resterà circoscritto il premio di rischio potrebbe riassorbirsi nel primo trimestre 2024, favorendo una graduale normalizzazione dei prezzi del greggio. Un’escalation, al contrario, spingerebbe il Brent verso 110 dollari, con effetti severi su crescita globale e utili societari. Gli investitori, di fronte a scenari divergenti, sono chiamati a bilanciare l’esposizione a energia, difesa e materie prime mantenendo nel contempo liquidità per sfruttare eventuali correzioni sui listini azionari.