Invece di seguire l’esempio della FED e tagliare i tassi, la Bank of England ha confermato i tassi d’interesse al 4%. Una mossa che va in controtendenza rispetto al taglio di 25 punti base effettuato ad agosto.
Inflazione UK, tassi d’interesse al 4%
Con 7 voti favorevoli su 9, il Comitato di Politica Monetaria (MPC), nella riunione conclusasi il 17 settembre 2025, ha deciso di mantenere il tasso al 4%, mentre due membri hanno votato per una riduzione a 3,75%. Una decisione ampiamente attesa, dopo il taglio di agosto, e che riflette un approccio prudente da parte della Banca Centrale Inglese.
Contestualmente, il Comitato ha confermato un rallentamento del Quantitative Tightening, il programma di dismissione dei titoli di Stato (Gilt) in portafoglio.
Con 7 voti favorevoli su 9, il Comitato ha approvato la riduzione del ritmo di dismissione degli asset in portafoglio, portandolo da 100 a 70 miliardi di sterline nei prossimi 12 mesi, per un totale di 488 miliardi di sterline. Andando quindi in contro anche alle previsioni di un sondaggio Reuters, che stimava una diminuzione a 67,5 miliardi.
Continua la disinflazione
Il mantenimento dei tassi riflette l’evoluzione dell’inflazione nel Regno Unito. O meglio della disinflazione.
Negli ultimi due anni si è infatti verificata una sostanziale disinflazione, “a seguito di precedenti shock esterni, sostenuta dall’orientamento restrittivo della politica monetaria”, si legge nel comunicato della Bank of England.
In particolare, la disinflazione di fondo è generalmente continuata, anche se con maggiori progressi nell’allentamento delle pressioni salariali rispetto ai prezzi.
La Banca Centrale però evidenzia come l’inflazione CPI (Prezzi al Consumo) a dodici mesi sia stata del 3,8% in agosto “e si prevede un leggero aumento a settembre, prima di scendere gradualmente verso l’obiettivo del 2%“.
A tal riguardo, il Comitato “resta concentrato sulla riduzione di eventuali pressioni inflazionistiche persistenti, esistenti o emergenti, per riportare l’inflazione in modo sostenibile al suo obiettivo del 2% nel medio termine“.
I nodi: crescita salariale, PIL e politica monetaria
Preoccupazione anche per quanto riguarda la crescita salariale e del Prodotto Interno Lordo (PIL). La prima rimane elevata, anche se è diminuita, “e si prevede che rallenterà significativamente nel resto dell’anno“.
Mentre quella del PIL è rimasta contenuta, in linea con un continuo e graduale allentamento del mercato del lavoro, anche se “permangono rischi interni e geopolitici al ribasso legati all’attività economica“.
Davanti alla prospettiva di un rallentamento della crescita salariale e del PIL nazionale, il Comitato vuole mantenere un approccio graduale alla politica monetaria, precisando che “i tempi e il ritmo delle future riduzioni […] dipenderanno dalla misura in cui le pressioni disinflazionistiche sottostanti continueranno ad allentarsi”.
Impatti sui possessori di certificati
La conferma del tasso al 4% e il rallentamento del Quantitative Tightening potrebbero comportare un scenario di rischio per i possessori di certificati legati a tassi d’interesse o a titoli di stato.
Ad esempio, i certificati indicizzati a tassi variabili (CCT) vedrebbero cedole più stabili nel breve periodo, mentre chi detiene certificati legati a tassi crescenti potrebbe vedere limitata la possibilità di rialzi futuri fino a una modifica della politica monetaria da parte della Bank of England.
In pratica, i flussi di rendimento rimarranno più stabili ma potrebbero non crescere nel breve termine, influenzando la strategia di investimento di chi punta a benefici legati a tassi in aumento.