Wall Street impassibile di fronte all’attacco all’Iran
A 24 ore dall’attacco missilistico che ha colpito infrastrutture strategiche iraniane, i listini statunitensi mostrano una sorprendente resilienza. Il Dow Jones Industrial Average oscilla attorno alla parità, l’S&P 500 cede lo 0,2% e il Nasdaq arretra di un frazionale 0,1%. Anche il Vix, l’indice della paura, rimane sotto quota 14: gli operatori giudicano l’episodio un rischio circoscritto, privilegiando fattori macroeconomici e aziendali rispetto alla geopolitica.
Volumi sottili, indici poco mossi
Gli scambi risultano inferiori del 15% rispetto alla media dell’ultimo mese, complice la chiusura parziale di vari desk in vista del lungo weekend del 4 luglio. Secondo Refinitiv, soltanto quattro degli undici settori dell’S&P 500 hanno chiuso in rialzo, guidati dall’energia. Le vendite hanno colpito soprattutto beni di consumo discrezionali e utilities, comparti sensibili alle aspettative sui tassi d’interesse.
Il petrolio balza, ma le major resistono
Il Brent è schizzato oltre 90 dollari al barile, massimo da marzo, salvo ripiegare verso quota 87 grazie a un’apertura diplomatica di Qatar e Oman. Exxon Mobil e Chevron guadagnano rispettivamente l’1,8% e l’1,4%, sostenute anche dalle voci di nuovi buyback dopo l’acquisizione di Pioneer completata a metà giugno. Al contrario, le compagnie aeree Delta e United cedono oltre il 2% per timori legati ai costi del carburante. Il dollaro si rafforza e l’oro supera, seppur temporaneamente, i 2.400 dollari l’oncia.
Tecnologia e banche, la calma dei grandi portafogli
Nel comparto tech prevalgono movimenti contenuti: Apple perde lo 0,3%, riassorbendo parte del rally seguito al lancio del visore Vision Pro 2; Nvidia, reduce da un +15% in tre sedute grazie alla domanda di chip AI, consolida a 126 dollari. Tra le banche, JPMorgan avanza dello 0,6% dopo la promozione allo stress test Fed 2025, mentre Goldman Sachs resta piatta, in attesa del Capital Markets Day di domani.
Il contesto macro prevale sulla geopolitica
Gli strategist di Citi notano che l’attenzione rimane sui dati USA di venerdì: l’inflazione PCE core e le minute Fed. Le probabilità di un taglio a settembre, calcolate dal CME FedWatch, scendono al 48% dal 62% di inizio mese, limitando la rotazione verso i settori difensivi. Nel frattempo, gli ordini di beni durevoli hanno sorpreso al rialzo (+0,5% a maggio), confermando un’economia ancora solida.
Conclusioni
L’attacco in Medio Oriente ha mostrato, ancora una volta, che Wall Street valuta soprattutto l’impatto sugli utili aziendali. A meno di un’escalation che paralizzi lo Stretto di Hormuz, gli operatori resteranno concentrati su inflazione e politiche monetarie. Per ora, il mantra resta “buy the dip”, con l’energia come unica vera copertura contro eventuali nuovi shock geopolitici.